Leggendo qua e là
IL GATTARO DI ALEPPO
Che senso ha prendersi cura dei gatti in un Paese, la Siria, in cui la guerra civile dal 2011 a oggi ha causato 500mila morti?
Eppure, per Mohammad Alaa Aljaleel, elettricista che vive alle porte di Aleppo, non si potrebbe fare altrimenti.
Il rifugio per animali di Mohammad Alaa Aljaleel apre nei primi mesi
di guerra con l’intento – per alcuni forse insensato – di dare
protezione agli animali rimasti senza padrone.
Il piccolo gattile arriva nel giro di breve tempo ad ospitare 180 animali.
Le bombe che distruggono Aleppo radono al suolo parte del rifugio e
Mohammed è costretto a scappare a rifugiarsi in Turchia. Con sé porta i
sei gatti sopravvissuti al bombardamento e un progetto: tornare in Siria
non appena possibile per continuare a salvare gli animali bisognosi.
Mohammed riesce a tornare in Siria e apre l’Ernesto’s Sanctuary for Cats in Syria. Attraverso la sua pagina Facebook, l’uomo racconta la semplice quotidianità dei mici in un Paese in guerra.
Dall’estero c’è chi si affeziona al gattaro di Aleppo
e iniziano ad arrivare le prime donazioni. Il rifugio cresce: oltre ai
gatti, vengono ospitati anche cani e altri animali in difficoltà.
Tra questi ci sono anche Paul, Kiko e Goshawk, tre
gufi tornati a volare liberi in cielo dopo essere stati trovati feriti e
curati. Ma nel rifugio arrivano anche leoni e tigri, salvati dalle
gabbie degli zoo siriani.
Oggi, assieme a Mohammad collabora un team di veterinari che offre le
cure mediche adeguate agli animali in difficoltà. Il rifugio, inoltre,
ha avviato un progetto di Pet Therapy rivolto ai bambini, generazione nata e cresciuta in guerra.
«La guerra non è mai lontana dal nostro santuario e la Siria è ancora
un Paese scosso dalla violenza – spiega l’uomo –. Tuttavia, noi
continueremo nella nostra missione con l’obiettivo di migliorare la vita
degli animali, vittime dimenticate della guerra. Con il sostegno di
molti e la perseveranza sappiamo che è possibile».
fonte: rivistanatura.com
ZELENOGRADSK, LA CITTÀ CON I GATTI SUI SEMAFORI
Si nascondono, corrono per tutta casa, fanno dispetti e riempiono le giornate con le loro coccole e la loro vivacità: i gatti. A Zelenogradsk, una cittadina della Russia, sono anche sui semafori.I gatti sono animali apprezzati per il loro fascino naturale. E a Zelenogradsk lo sono così tanto da essere diventati anche abitanti dei semafori della città.
Infatti, nei semafori della località russa, ubicata nella regione di Kaliningrad, tra la Polonia e la Lituania, il rosso e il verde dei semafori sono divenuti dei simpatici gatti. Un gatto seduto, ovviamente con il rosso, e un gatto che passeggia, invece, con il verde.A Zelenogradsk i gatti sono veri e propri abitanti della città. Infatti, passeggiano per le strade tra le carezze e le coccole dei cittadini.
Due grandi statue di gatti vestiti in abiti eleganti, all’ingresso in città, accolgono cittadini e turisti. Nella località russa, inoltre, il 17 febbraio, Giornata internazionale del gatto, i residenti si vestono come i loro amici animali, con tanto di baffi.
Zelenogradsk ha anche ideato una cat sitter municipale, una donna che, ogni giorno, porta da mangiare ai settanta gatti randagi della cittadina. Infatti, lo scorso autunno, tra gli annunci di lavoro del paese, è apparsa una richiesta originale riguardante un cat chief. Un lavoro per una persona che si occupasse dei gatti della città. All’annuncio hanno risposto ottanta persone.
Il lavoro è stato ottenuto da Svetlana Logunova, abitante di Zelenogradsk, a cui sono state consegnate una simpatica divisa con giacca verde brillante e una bicicletta.
La passione per i gatti, abitudine che si tramanda di generazione in generazione tra gli abitanti della cittadina russa, è stata ulteriormente valorizzata con l’installazione dei semafori felini, per rinnovare l’immagine del luogo in modo da attirare i turisti. La città, infatti, oltre ai semafori, ha realizzato parchi, rifugi e luoghi che accolgono i gatti randagi e in cui i turisti possono ammirare gli splendidi felini.
A Zelenogradsk i gatti sono di casa. Proprio come accade sui nostri divani.
I GATTI DI ISTANBUL
Istanbul. La vecchia Bisanzio o Costantinopoli è diventata, nel corso degli anni, una città a misura di gatto. I gatti a Istanbul vivono tranquillamente e felicemente per le vie della città dove sono profondamente rispettati e anche un po’ viziati dagli stessi abitanti.
Dal 2004 ad Istanbul è in vigore una legge che si propone di proteggere tutti i gatti randagi. Tuttavia, nel tempo, i fondi per poter applicare questa legge però sono risultati scarsi ed è per questo che il più delle volte sono gli stessi abitanti a provvedere al benessere dei gatti e anche dei cani.
Si possono scorgere gatti ovunque. Dormicchiano davanti ai negozi dove hanno sempre a loro disposizione ciotole d’acqua e di crocchette, sul Ponte di Galata che collega la parte vecchia di Istanbul con il distretto europeo della città possono mangiare il pesce fresco direttamente dai pescatori, nella cattedrale di Santa Sofia giocherellano fra le navate, e scorrazzano nei giardini del Palazzo di Topkapi che un tempo fu residenza del sultano ottomano e centro amministrativo dell’Impero ottomano dalla seconda metà del XV secolo al 1856. Inoltre esiste un vero e proprio quartiere dei gatti, Nisantasi, nel quale i pelosetti possono trovare cucce e casette in qualsiasi luogo del quartiere e qui ha sede anche un’associazione onlus che gestisce le offerte e si occupa della adozione dei piccoli.
Ma come mai i Turchi amano così profondamente i gatti? Esiste un detto turco che recita :”Se hai ucciso un gatto dovrai costruire una moschea in modo che Dio ti perdoni”, in modo preciso il loro amore per i felini non si sa da dove deriva ma molto probabilmente dal fatto che Maometto era un vero e proprio gattofilo.
Esistono varie leggende sui gatti in particolare si dice che Maometto avesse al suo fianco sempre una gatta che si chiamava Meuzza. Un giorno, poco prima dell’ora della preghiera, la gattina si addormentò sulla veste di Maometto il quale per non svegliarla tagliò un pezzo del suo vestito. Al ritorno dalla preghiera la piccola andò incontro a Maometto facendogli le fuse e lui la accarezzò tre volte sul dorso lascandole le tipiche striatura della colorazione Tabby dei gatti (fondo grigio con strisce nere o marroni), ricevendo inoltre in dono la capacità di atterrare sempre sulle zampe da qualsiasi altezza cadesse, le famose nove vite e un posticino in Paradiso.
I gatti di Istanbul sono diventati famosi dal 2009 quando durante un visita ufficiale l’ex Presidente degli Stati Uniti Barak Obama si fermò all’interno di Santa Sofia per accarezzare uno dei gatti della Basilica, e le foto di questo gesto hanno fatto il giro del mondo.
Il gatto è un lembo di notte arrotolato sullo spigolo di un tetto. (Antonio Casanova)
Barbara Rossotto
AOSHIMA, L'ISOLA DEL SOL LEVANTE DOVE I GATTI VOLLERO FARSI RE
Aoshima detta anche l’isola dei gatti ( Neko no shima), è una piccola isola della prefettura di Ehime, nella regione dello Shikoku.
Da non confondersi con l’omonima Aoshima nella Prefettura di Miyazaki, quella di Ehime è una delle mete sognate da tutti gli appassionati di gatti e di un certo tipo di turismo fotografico (street photography, travel photography, ritrattistica).
Può sembrare strano, ma in Giappone esistono diverse isole dei gatti (se ne contano circa una dozzina), tra cui Aoshima spicca per fama e densità di popolazione felina, così come esistono altrettanto popolari isole dei conigli. La fama di queste isole è dovuta proprio al particolare tipo di turismo tematico nato dal diffondersi delle loro immagini scattate da fotografi professionisti, che hanno in breve tempo conquistato il web e varcato i confini nipponici.
Altre famose isole dei gatti in Giappone sono Enoshima nella prefettura di Kanagawa, Okishima nella prefettura di Shiga e Sanagishima nella prefettura di Kagawa.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, sulla tranquilla isola di Aoshima fu insediata una colonia di gatti. Il motivo era semplice: la popolazione locale viveva per lo più di pesca, e come in ogni altra parte del mondo i pescherecci erano insidiati dai topi e minavano gli affari degli isolani. Per placarne l’invasione, un piccolo gruppo di gatti fu “adottato” dagli abitanti di Aoshima, che nel 1945 erano circa 900 persone.
Oggi i numeri di felini e umani sono radicalmente cambiati: con una proporzione di 6 a 1 a favore dei gatti, si può dire che siano questi ultimi i veri abitanti dell’isola di Aoshima, a buon diritto chiamata Isola dei gatti.
I pochi abitanti rimasti ad Aoshima, la maggioranza dei quali pensionati, si dividono tra chi allontana i felini e chi li nutre, in un equilibrio placido e distante dal resto del mondo. Il mondo, tuttavia, viene a trovare la piccola isola due volte al giorno, con un battello che trasporta i turisti dalla terraferma.
I gatti sopravvivono con il cibo che gli viene dato dagli abitanti (in genere avanzi dei pasti) e portato dai turisti, e continuano a moltiplicarsi. Per cercare di tenere sotto controllo le nascite, che stanno diventando un grosso problema per la piccola Aoshima, alcuni animali sono stati recentemente sterilizzati. La colonia felina è cresciuta a dismisura circa 10 anni fa, quando la popolazione umana dell’isola ha subito invece un grosso calo.
Attualmente i gatti sono la principale attrazione del luogo, che attira il turismo mordi-e-fuggi degli appassionati. Gli abitanti non sembrano particolarmente felici di questo fenomeno, non sono attrezzati a ricevere molti visitatori e probabilmente preferirebbero essere lasciati in pace come erano abituati a vivere fino a non molto tempo fa.
La raccomandazione, se si vuole visitare un posto così raccolto e non votato all’accoglienza turistica, è di comportarsi come ospiti educati che non vogliono disturbare: salutare discretamente, chinarsi gentilmente, cercare di recare il minore disturbo possibile e non invadere la privacy degli abitanti del luogo per cercare lo scatto rubato del secolo.
Ovunque si vada si è ospiti a casa d’altri, e in piccoli angoli di mondo come questi ancora di più ci si deve sforzare di non imporre la propria presenza ma ringraziare per l’accoglienza, cercando di lasciare una buona impressione.
CANI E GATTI NELLA LETTERATURA
I gatti nella letteratura
Tra i gatti più memorabili nella storia della letteratura ricordiamo qui il “gatto nero” del famosissimo racconto del terrore di Edgar Allan Poe, il misterioso gatto Behemot che incontriamo in “Il maestro e Margherita” di Bulgakov, il gatto Murr creato da Ernst T. Hoffman in “Considerazioni filosofiche del Gatto Murr”, e poi ovviamente l’indimenticabile Stregatto di Alice nel paese delle meraviglie, e l’ancor più famoso “Gatto con gli stivali” della fiaba popolare europea resa famosa dai Fratelli Grimm. Ultimamente sono usciti altri libri , ricordiamo: "Abbandonare un gatto"di Haruki Murakami , un pretesto per parlare della propria infanzia, "Se i gatti scomparissero dal mondo" di K. Genki, "Il gatto di Miss Paisley", dieci racconti gialli in cui il potagonista è sempre un animale, "La locanda del gatto nero " la seconda indaginedel detective Kindaichi e tanti altri ancora.
I cani nella letteratura
La letteratura offre tante storie commoventi, divertenti, avventurose, che hanno come protagonisti cani di ogni tipo. E se non sono i protagonisti, sono di certo gli straordinari compagni di avventura dei personaggi principali. Esempi ce ne sono innumerevoli, ma noi abbiamo scelto delle opere dal 1900 a oggi che rappresentano alcuni fra i più interessanti ed avvincenti titoli di narrativa in cui i nostri amici a quattro zampe sono al centro della vicenda. Il meraviglioso mago di OZ, Il richiamo della foresta, Zanna bianca, Cuore di cane, Sulle piste del grande Nord, Storia di un cane e del bambinio a cui insegnò la fedeltà, Torna a casa Lassie e molti altri ancora.
KEDI, LA CITTÀ DEI GATTI
La città sul Bosforo vista attraverso gli occhi di sette mici, abitanti discreti ma assoluti protagonisti della grande metropoli turca.
“Kedi. La città dei gatti”, documentario della regista turca Ceyda Torun che narra le avvenute dell’universo felino che da migliaia di anni popola le strade di Istanbul, amato e curato dagli stessi abitanti.
Gatti che vivono tra due mondi – quello selvatico e quello domestico – e che sono a tutti gli effetti componenti riconosciuti e tutelati della comunità.
Gatti che vivono tra due mondi – quello selvatico e quello domestico – e che sono a tutti gli effetti componenti riconosciuti e tutelati della comunità.
La storia di sette gatti
Il film si sofferma in particolare sulla vita di sette gatti speciali: Sari, la vagabonda; Bengü, l’amante; Aslan, il cacciatore; Psikopat, la matta; Deniz, l’amicone; Gamsiz, il giocatore e Duman, il gentiluomo.
«Questo film è, per molti versi, una lettera d’amore a quei gatti e alla città – ha spiegato la regista Ceyda Torun –. Ho vissuto a Istanbul fino all’età di undici anni e credo che la mia infanzia sarebbe stata infinitamente più solitaria se non fosse stato per i gatti e io non sarei la persona che sono oggi. I gatti sono stati i miei amici e confidenti e dopo il trasferimento, ogni volta che mi capitava di tornare a Istanbul, trovavo la città sempre meno riconoscibile ad eccezione di una cosa: i gatti, unico elemento costante e immutato che incarnava l’anima stessa della metropoli».
Il supporto dell’Enpa
Il film documentario Kedi ha il sostegno di Enpa (Ente Nazionale Protezione Animali). «Questo film mette in scena il profondo rispetto per questi meravigliosi animali che convivono da sempre con l’uomo, dal quale occorrerebbe trarre ispirazione, perché non esistono ‘culture diverse’ quando si tutelano gli animali e quindi la civiltà», ha spiegato Marco Bravi, Presidente del Consiglio Nazionale ENPA.
MALCHICK, LA TRISTE STORIA DI UN CANE ABBANDONATO
Sono molte le storie che parlano di animali vittime di maltrattamenti e abbandono. Oggi vi raccontiamo la storia di Malchik, un cane abbandonato assassinato nella metropolitana di Mosca, qualche anno fa, e che oggi ha un monumento in suo onore, un modo per cercare di promuovere il rispetto nei confronti dei cani randagi. Malchik, che significa bambino, era diventato la mascotte degli impiegati che ogni giorno prendevano la metropolitana. Grazie al suo carattere affettuoso, si era infatti guadagnato il rispetto dei lavoratori che giornalmente gli davano qualcosa da mangiare.
Per tre anni, il cane visse nel passaggio sotterraneo della stazione Mendeleievskaya, appartenente alla linea Serpukhovsko-Timiryazevskaya, localizzata nel distretto Tverskaya dell’area centrale di Mosca.
Proprio lì venne eretto il monumento Compassione, per ricordarlo e per omaggiare tutti i cani abbandonati. Quest’opera venne realizzata dallo scultore Alexander Tsigal e dall’architetto Andrei Nalich.
Il cane abbandonato morì a causa di una modella che camminava nella stazione insieme al suo cane, uno Staffordshire Bull Terrier.
Vedendo il randagio, la modella spinse il suo animale a spaventarlo, ma Malchik non si intimidì e fece retrocedere il terrier.La modella andò su tutte le furie e, preso un coltello riposto nella sua elegante borsetta, pugnalò il povero Malchik, fino a lasciarlo privo di vita.
Le persone che in quel momento si trovavano alla stazione, si lanciarono sulla modella per tentare di disarmarla ma era già troppo tardi: il cane era morto.
La notizia fece scalpore tra gli abitanti di Mosca e ne scaturì una grande diatriba giudiziaria. La modella, che al momento del tragico avvenimento era in procinto di andare in Italia per lavoro, venne arrestata.
Le autorità giudiziarie determinarono che la donna soffriva di disturbi mentali, e ne ordinarono la detenzione in un ospedale psichiatrico.
Oltre a queste questioni giudiziarie, l’indignazione per l’assassinio di Malchik generò la mobilitazione di un gruppo di persone, tra di esse artisti ed intellettuali. Essi proposero che si ergesse un monumento, per ricordare che gli animali abbandonati devono essere trattati con rispetto.
Tra le personalità che sostennero maggiormente questa iniziativa c’erano i poeti Yevgueni Yevtushenko e Bella Ajmadulina, l’attore Valentin Gaft e il musicista Andrei Makarevich.
Le autorità della metro dettero il loro consenso all’iniziativa, e l’opera venne finanziata grazie a donazioni di privati cittadini russi e stranieri.
“Due cose mi sorprendono: l’intelligenza delle bestie e la bestialità degli uomini.”
-Tristan Bernard-
La scultura di Malchik venne collocata, nel 2007, proprio nel passaggio sotterraneo in cui viveva il cane, vicino all’ingresso della stazione.
Da lì, ricorda a tutti quelli che passano da quel luogo che gli esseri umani hanno un debito importante nei confronti degli animali abbandonati in strada, che devono trovare il modo di sopravvivere giornalmente in un mondo poco accogliente per loro.
Proprio come lo sfortunato Malchik, molti cani continuano ad essere abbandonati in Russia. Ancora una volta gli animali finiscono per essere le vittime innocenti della crisi economica che attraversa gran parte del mondo.
i cani abbandonati sopravvivono come possono in un mondo troppo spesso crudele, sia per uomini che per animali.
I MONUMENTI CHE LA RUSSIA HA DEDICATO AGLI ANIMALI
Dietro ad alcune di queste statue si celano storie tragiche e commoventi, come quella del gatto Semyon che percorse più di 2.000 km per tornare a casa dai propri padroni, oppure del cane Laika il primo ad aver orbitato intorno alla terra , morendo poche ore dopo. Ed ancora la storia di Bobka, un cagnolino vissuto alla fine del XIX secolo che assisteva i pompieri di Kostroma. Li aiutava a salvare le persone dagli incendi. E le sue gesta eroiche non sono state dimenticate: nel 2006 è stato eretto un monumento in suo onore .
Secondo la leggenda, i gatti di Kazan erano dei brillanti cacciatori di topi e nel 1745 l’imperatrice Elisabetta I ordinò che le venissero consegnati 300 esemplari per proteggere la sua residenza dai roditori. Si dice che la colonia di gatti abiti ancora oggi i sotterranei del museo Ermitage di San Pietroburgo
BROLO, IL PAESE DEI GATTI
Non c’è bisogno di andare a scomodare Aoshima, la famosa isola giapponese piena di gatti,
per trovare aree in cui i felini regnano incontrastati: anche l’Italia,
nel suo piccolo, ha le sue piccole città feline! Qualcuno forse
conosce, o si ricorda, di Ciubiz, frazione di Prepotto (Udine) abitato da 5 persone e 26 gatti. Tuttavia, Ciubiz non è l’unico esempio italiano: esiste infatti un vero e proprio paese dei gatti, Brolo.
Proprio come Ciubiz, più che un vero e
proprio paese Brolo è, in realtà, una frazione; nello specifico, una
frazione del comune di Nonio, della regione Piemonte. Brolo sorge a
un’altitudine di 420 metri, sulla sponda del lago Orta. A impreziosire
il paesaggio, per chi si spingesse fino a qui, magari seguendo i
percorsi di esplorazione offerti dal gruppo Girolago, c’è il monte Cregno. E ovviamente ci sono i gatti, come attesta senza alcun dubbio il cartello che offre il benvenuto ai turisti.
La leggenda ha inizio nel 1756 e
precisamente il 10 di ottobre, quando il consiglio della comunità si
riunì per chiedere la separazione ecclesiastica dalla parrocchia di San
Biagio di Nonio.
Un grande passo per una piccola
frazione, che nonostante si impegnò di provvedere autonomamente ad
arredare la chiesa di Sant’Antonio Abate, venne schernita dalla comunità
di Nonio con il detto “Quand al vien parrocchia Brol / al ratt metarà su al friol”, che significa “Quando Brolo avrà una parrocchia, il topo si metterà il mantello”.
I paesani di Brolo non presero bene la
cosa e continuarono la loro battaglia per l’indipendenza da Nonio e il
27 aprile 1767 ottennero la firma sul decreto che permise l’erezione
della Parrocchia di Sant’Antonio Abate.
Il giorno dopo accadde quello che fece
di Brolo la città dei gatti, un piccolo topo morto con indosso un
mantello venne appeso sulla porta di casa delle autorità di Nonio, i
gatti avevano finalmente scacciato i topi… col mantello!
La leggenda parla anche del fatto che la
piccola frazione ingaggiò veramente diversi gatti per scacciare i topi
dal paese, ma comunque la si voglia vedere da allora Brolo è diventato
il paese dei gatti, ad un’altitudine di 420 metri, sulla sponda del lago
Orta, incorniciato dal monte Cregno.
Nel 2006 fu eretto un monumento vicino
alla strada provinciale e le case della frazione sono decorate con
immagini di gatti ovunque.
Il paese è popolato di gatti ne spuntano da ogni dove, sulle
finestre, nella piazza, passeggiano lenti e sonnacchiosi, sui davanzali
si godono i raggi del sole e pigramente osservano il mondo.